ANDARE A SCUOLA… Nel Carcere Beccaria di Milano
Gino Rigoldi è il cappellano dell’’Istituto penale per minorenni “C. Beccaria ”di Milano. Ci vivono ragazzi accusati di ogni genere di reati che don Gino non nasconde perché dice che i comportamenti vanno chiamati con il loro nome ma ciò non è sufficiente a conoscere una persona. La persona va ascoltata, conosciuta secondo il suo cuore, condivisa. Don Gino ritiene che il punto di forza del lavoro educativo sia la capacità di relazione. Non è capacità naturale; comincia dall’essere interessati agli altri, interessati a incontrarli. La relazione si fa con le parole e i fatti. Un ragazzo si rende conto se a te interessa capire chi egli sia, cosa abbia commesso e vede se lo ascolti non per giudicarlo (chi lo deve fare c’è già in tribunale e c’è Dio). Rispetto al passato, i giovani sono orfani di padre e cercano rapporti affettivi di adulti che li accompagnino in un futuro di positività. Portano la loro paura sul futuro, la loro incapacità di intravedere la loro vita fuori dal carcere, la loro domanda di felicità. Il rischio della relazione è che quando lo sguardo si posa sull’altro in questo modo assegna una responsabilità, un compito. Sorridere a chi è bisognoso può bastare? Don Rigoldi dice: “Se lo guardi, lo vedi veramente?” La relazione riuscita è quella che ti mette in corrispondenza, che ti dà una prospettiva partendo dalla parte positiva di ognuno, ricordando che il primo grande comandamento è l’amore. Può sembrare un monito spirituale; lo è, ma è anche la necessità di questi tempi in cui la gente si sente insicura, teme i poveri e pensa che i muri possano essere un riparo. Siamo degli analfabeti di relazione ma la via della felicità, secondo don Rigoldi, è l’amore, per questo non siamo senza speranza se c’è chi accetta il compito di lottare per il “ben-essere” di ogni uomo.