Conclusioni Tonalestate 2019
Se c’è una cosa che il Tonalestate, grazie al suo ideatore, ci ha insegnato è quella di non mettere la parola fine ai lavori di queste giornate e a quanto abbiamo ascoltato e condiviso.
Elena, che ha raccolto l’eredità e il compito di moderare gli incontri dell’evento del Tonalestate, è la testimonianza più eloquente che la storia vuole continuare. Grazie Elena e grazie agli altri giovani che, gratuitamente, si sono coinvolti.
Come continuare allora? Per prima cosa ciò che abbiamo vissuto non può esser “sbattuto in un angolo, fuori dal mondo” come dice la poesia e la vita stessa del professor Riva (o, come amiamo chiamarlo noi, il nostro Giovanni).
Ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo imparato, ciò che abbiamo visto, ciò che, attraverso le testimonianze, abbiamo toccato, va, invece, portato e raccontato nel mondo, nel nostro mondo quotidiano, nella nostra circostanza, che sia di lavoro o di studio, che sia in Europa, in Asia o in America.
Ci è stato ricordato di non fare all’altro ciò che non vuoi sia fatto a te. Io, noi, tu non vorremmo essere lasciati all’oscuro o nell’ignoranza di questa possibilità reale di socialità nuova vissuta nel Tonalestate.
Allora, cari amici, prendiamo l’iniziativa, facciamo e diamo al prossimo ciò che vorremmo sia fatto e dato a noi: condividiamo, lì dove andremo tra poco, questa umile, ma tenace, umanità nuova che, ogni volta, grazie a voi, continuiamo al Tonalestate.
L’errore, raccontava il professor Riva a un gruppo di giovani, inizia nel momento in cui guardiamo ciò che divide e non ciò che unisce, come ci veniva ricordato questa mattina da Mons. Saad Hanna.
Cosa ci unisce? Il desiderio di una vita piena, autentica e amica.
Il “DIEs IRAE”, il giorno del giudizio, quello di cui tutti abbiamo bisogno, ogni giorno, non è il giudizio di condanna e della minaccia, ma il giorno della libertà in cui una parola ci riveli l’origine e il destino comune a tutti.
L’uomo nuovo, gli uomini nuovi, sono coloro che si lasciano plasmare da questa parola e vivono secondo una logica nuova. Una logica iniziata duemila anni or sono, quando, per le strade della Palestina, un uomo si presentò dicendo: sono venuto per servire, non per essere servito.
Cari amici, cominciamo noi! Lì dove saremo, andiamo a cercarci, incontriamoci, aiutiamoci, confrontiamoci, scriviamoci, parliamoci, perdoniamoci e lottiamo, perché solo una realtà e un cuore cambiato in se stesso può rinnovare ciò che lo circonda.
Se non cominciamo noi questo servire, lasciamo tutto e tutti “più in là, dove ci sarebbe solo l’inferno”.
Noi non siamo superuomini, anzi, tra noi non è così: per questo, ogni nostra azione, ogni nostra iniziativa saranno sempre una invocazione e un grido.
Danos un corazón grande para amar.
Danos un corazón fuerte para luchar.
Che a me, a voi, a tutti, sia sempre concesso questo corazón grande!
Grazie e ¡a trabajar!