Sul mondo, di nuovo una notte è arrivata?
Un dialogo che si arricchisce di un messaggio, una verità, una convinzione che si desidera condividere. La giornata d’apertura del Tonalestate è stata questo ed è stata l’esperienza di una onestà nel modo di presentare la propria posizione e il desiderio di fare tutto il possibile per conoscere e capire il punto di vista dell’altro. La giornata era riservata alle arti: letteratura, filosofia, teologia, scienza, storia.
Il tema si è dimostrato ambivalente perché in sé trasmette l’idea dell’uomo che si rende ridicolo continuando a perseguire solo il proprio interesse personale accanto alla presenza di chi è sbeffeggiato per la sua inesausta lotta per perseguire il significato dell’esistere.
La lettura dei tempi è cosa necessaria quanto complicata per l’affollarsi di verbose contese e di ambigue promesse e le terribili vicende che ci occupano sono trascinate presto nella dimenticanza o nella derisione. Il cardinale Giovanni Battista Re ha risvegliato la vigilanza riguardo l’eco di quella voce che abita ogni cuore umano, una voce che sa indicare la via del bene e della pace e che oggi viene piegata sotto il peso di una presunta libertà priva di responsabilità perché ancorata soltanto all’autonomia del singolo.
Ed è Emilio Pasquini a proporre, da educatore qual è ed è sempre stato, guardando il pubblico in prevalenza di giovani studenti e ricercatori di ogni provenienza geografica, un’indagine forse difficilior. Rintraccia le figure letterarie di due Poeti sommi e universali, affacciati sulla realtà di secoli molto lontani, sulla Storia e sulle proprie storie. Dante in quella sua terzina del XXXIII canto dell’Inferno, cerchio dei traditori degli ospiti, dove incontra Alberigo dei Manfredi e Branca Doria che “e mangia e bee e dorme e veste panni…” continuando un’esistenza non curante della gravità dei fatti di cui sono responsabili. Eugenio Montale della raccolta “Satura”. Era stato sollecitato a scrivere dopo molti anni di silenzio e il suo sguardo, servendosi dell’episodio delle “stalle del re Augìa” (liberate dalla enormità degli escrementi da Ercole), si posa sul trionfo della spazzatura che ci inonda. E’ la parodia del montare di una cultura del rifiuto e della contaminazione in cui è sempre più difficile conservare dignità e libertà. Sono “forse veri uomini vivi i formiconi degli approdi”? Icone, forse moniti, per osservare la classe dirigente mondiale che regge il destino dei popoli: “politici che governano le nostre vite, che giocano con le stesse, in un mondo globalizzato in cui tutto è diventato spettacolo e si offrono piuttosto i circenses che il panem, dacchè in testa hanno solo una sterile smania di potere e una bramosia inesausta di arricchimento”. La frenesia pagliaccesca che ci offrono ci induce a pensare che tutto sia scambievole vivendo un presente senza sicurezza.
Il pubblico reagisce e un professore messicano si chiede quanto ci possa essere di trasferibile nella posizione di ognuno di noi; quale testimonianza stiamo dando?
Una ragazza giapponese racconta delle recenti esecuzioni capitali avvenute nel suo Paese e del loro tentativo di alzare la voce contro tale insopportabile violenza. Seppur tale rivolta abbia suscitato il tentativo di essere trattati come pagliacci rispetto al sentire comune, quella giovane insegnante dichiara che “se rinunciassimo alla lotta torneremmo nelle stalle”.