Si può fare scienza neutralmente se ne va del mio destino?
Amedeo Balbi è astrofisico, di sé ha detto che vuole essere uno scienziato che racconta la scienza ai non-scienziati. Ci è riuscito ampiamente nell’avvincente racconto che ha fatto al Tonalestate, aiutato da immagini dell’universo riprese con il sistema delle potenze di dieci. Il sentimento di meraviglia accresce il valore dello studio del cosmo perché, quasi incredibilmente, in quello spazio infinito, talmente grande che è quasi vuoto, siamo presenti noi in un punto, non centrale, ma ospitale per la vita. Studiare l’Universo è comprendere sempre meglio il posto dell’umanità. La scienza non conosce l’inizio ma conosce la storia, non vede una finalità a questa storia, ma sa che noi siamo legati ad essa. Siamo un pezzetto che non si può isolare dal resto, abbiamo bisogno del tutto. Chi ci ha potuto guardare da fuori, in una visione d’insieme, ci dice che la Terra è bella, è fragile, che il puntino azzurro nell’immenso è la nostra casa, l’unica possibile, in cui i conflitti sono assurdi perché siamo imparentati strettamente e con ogni altra forma di vita. La scienza è una fiaccola che prova ad illuminare il buio e progredire nella conoscenza è rendersi conto che “non sappiamo..non sappiamo…non sappiamo”. La scienza non ha la metodologia per investigare le domande esistenziali ma ci pone difronte ad esse e lo scienziato riconosce di essere una piccola parte che si interroga sul tutto il cui “eterno silenzio di infiniti spazi” spaventa ma invita a cercare più in là.