Figli, perciò fratelli
Passo del Tonale, giovedì 5 agosto 2010
Nel dare inizio al TONALESTATE, Paola Eletta Leoni, Direttore del Centro studi, riconosceva che si tratta di riflettere su un tema molto arduo e complicato, soprattutto perché non sono molte le esperienze di fraternità a cui far riferimento. “Sulla fraternità, (se vogliamo così tradurre la parola francese fraternité) le labbra anche più esperte a parlare si sentono indotte a tacere. E’ dunque così carica di mistero questa straniera che visita la convivenza umana per un attimo e poi sparisce, se ne va, lasciando il posto all’inimicizia o al vuoto?”
Nelle due prime giornate, diversi Relatori, (D. Boubakeur, M. Gomez, P. Haddad, M.Leclerc, R. Meynet, D. Moore, J-L. Tauran) hanno affrontato l’argomento ricercando, nelle Scritture sacre alle diverse religioni, un’indicazione per riconoscere questa Straniera così connaturale alla vita degli uomini.
Il termine stesso, “fraternità”, racchiude nel suo significato il richiamo a una figliolanza comune, un richiamo a superare l’idea individualista di essere sufficienti a se stessi. Ma, paradossalmente, si invoca tanto più la fraternità quanto più si nega o almeno si oscura la figliolanza.
Da credenti, e secondo la specificità della propria fede in quel Dio che si chiama con nomi diversi, la fraternità non è riconosciuta prima di tutto come una virtù umana, piuttosto essa indica un’appartenenza, una discendenza comune e un’unità ontologica.
Quanto più un uomo approfondisce il bisogno di realizzarsi, tanto più riconosce che il proprio essere non proviene dal nulla, non è per un caso, non è un assurdo. Un gesto originario e amoroso, voluto, cosciente, deliberato, sta all’origine di ogni esistenza, gesto creatore iniziale e perpetuo. Nell’accorgersi di tale origine di sé, non si può che posare con commozione lo sguardo su ogni altro uomo, riconoscendo in lui la medesima provenienza e cercando la medesima umanità. Ognuno percepisce un’unità fondata sull’essere uomini, su un cuore che guarda in profondità fino alla radice di sé.
Un Creatore e, per i cristiani e gli ebrei, un Padre, ha chiamato all’esistenza ogni uomo e, in esso, siamo figli, perciò fratelli.
La fraternità perciò non ha un’indole giuridica ed è per questo che fatica tanto ad entrare nelle legislazioni. Essa non è spontanea né immediata: esige la pazienza di tutta la vita perché va scoperta riconoscendo tale propria origine comune, proprio entro le tante differenze o, meglio, le tante complementarietà. Nessun fratello, nemmeno se gemello, è uguale all’altro.
Tre sfide interpellano i credenti e sono la base di un sincero e proficuo dialogo interreligioso:
– la sfida dell’identità propria di ciascuno, che significa acquisire una coscienza del contenuto della propria fede perché non si può dialogare sull’ambiguità;
– la sfida della differenza: non si deve pensare necessariamente come nemico chi appartiene ad altra religione o cultura;
– la sfida del pluralismo: dobbiamo accettare che Dio è misteriosamente all’opera in ogni sua creatura.
E’ una strada necessaria per poter arginare le molte cause di non fraternità che derivano dal tentativo di fissare l’unità tra gli uomini su altre basi, quelle del clan, della conservazione dei propri successi, dell’affermazione carrierista; scopi che generano la disoccupazione, le disparità sociali, l’isolamento, la povertà, la repulsione verso gli ultimi, gli stranieri, i migranti.
Per ritrovare la Speranza, non è sufficiente la solidarietà, che può convivere con le disuguaglianze e le esclusioni perché cerca di alleggerirle senza però metterle in discussione, bisogna invece costruire una fraternità che soffre per quel male sociale, passato e presente, che ha distrutto e distrugge l’io dell’altro uomo. Il girarsi verso i più poveri, non prima per aiutarli, ma per imparare da loro il segreto della fraternità.
Allora occorre obbedire al nostro cuore e lavorare per l’amicizia ideale e operativa tra gli uomini. “Oggi è il migliore dei tempi perché Dio ci ha piantato qui ed è qui che dobbiamo fiorire. Sì, non perdiamo coraggio, guardiamo attorno a noi e troveremo un fratello da amare e con cui fare un pezzo di cammino insieme. Mentre vi dico questo, mi torna in mente un racconto tibetano: “ un giorno camminavo sulla montagna e ho visto una bestia. Avvicinandomi mi sono reso conto che era un uomo. Quando sono arrivato davanti a lui ho visto che era il mio fratello” (dalle conclusioni di S.E. card. J-L. Tauran).