Quieta non movere et mota quietare
Chie Mikami è nata nel 1964 a Tokio. È stata giornalista televisiva, oggi è freelance e lavora come giornalista, documentarista, sceneggiatrice e regista. E’ anche studiosa di antropologia culturale e insegna cultura okinawese.
Il suo film “Il villaggio bersaglio” è stato premiato, nel 2013, al festival internazionale di Yamagata come miglior documentario e ha ricevuto anche i premi dell’associazione di registi del Giappone. Il 6 agosto dello scorso anno, al Tonalestate, era intervenuto ISA Masatsugu, artigiano e assessore comunale di Higashison, Okinawa, rappresentante del gruppo cittadino “Associazione popolare contro gli eliporti” per testimoniare in prima persona della resistenza popolare contro i nuovi insediamenti militari americani.
Chie Mikami riferisce, in un modo che arriva davvero alla coscienza, il proseguire delle “attività contro il rafforzamento delle basi militari a Okinawa”. La conferenza presenta un problema grave, importante, passato sotto silenzio dai mèdia ma molto presente nella popolazione dell’isola.
Okinawa continua a essere considerata isola di guerra. Di fatto, l’idea é che il Giappone, essendo base militare degli Americani, faccia da scudo umano contro eventuali avanzate della Cina nel Pacifico. In Giappone, mentre i giornali non si occupano della situazione di Okinawa, si vanno organizzando gli hate-speech: giovani che mostrano pubblicamente il loro odio contro la Cina e la Corea. Cosí la “minaccia” cinese e nordcoreana viene usata per giustificare l’ampliamento delle basi americane e le enormi quantità di denaro investite per mantenerle e ampliarle.
Chie Mikami fa un appello per avviare un rapporto pacifico con la Cina e la Corea, visto “che mangiano con gli stessi bastoncini, usano gli stessi caratteri per scrivere”. Racconta di tutta l’irrazionalità di usare il Giappone come “frangiflutti”. Già lo si fece 72 anni fa a Okinawa, provocando 200 mila morti giapponesi, dei quali vari furono suicidi per la tristezza del massacro.