Eredi di una storia contemporanea. Maida Ochoa
Maida Ochoa vive a Tegucigalpa in Honduras e insegna all’Università Nazionale Autonoma lingua italiana e letteratura alla Pedagogica Nazionale. La sua straordinaria voce l’ha molto aiutata a coltivare la passione per il canto e per la cultura musicale latino americana.
Il 5 Agosto, nella Piazza centrale di Ponte di Legno sarà il suo concerto a chiudere le serate musicali del Tonalestate 2016. Un concerto fatto delle canzoni della tradizione latino americana, delle lotte di quei popoli, dei sentimenti e le parole della gente comune. La sua voce sarà invito e corrispondenza per una festa con i partecipanti, soprattutto i moltissimi giovani che ogni anno sono l’anima del Convegno, uniti alle personalità, agli studiosi, ai testimoni, ai turisti del luogo.
Abbiamo chiesto a Maida da dove venga questa sua passione per la musica e per il canto del suo popolo.
Sorridendo, risponde che prima di tutto viene da un amore verso sé stessa. Ciò che la muove, nel fare concerti, come nell’insegnare letteratura, è la ricerca di una realizzazione personale, del compimento del proprio destino, vale a dire di un compito per la vita. Ci spiega che tale prospettiva non le permette di essere indifferente, anzi ha alimentato in lei una più profonda sensibilità dell’altro perché guardando al fondo del proprio essere, sa naturalmente parteggiare per ogni altro uomo, abitato dallo stesso tormento.
“Siamo sempre in lotta, cioè sentiamo la tensione ad essere responsabili della realtà che viviamo e a farci protagonisti del nostro futuro non dimenticando mai, in ogni professione, azione civile e sociale, ambito quotidiano, ciò che il nostro cuore desidera raggiungere. E’ un bisogno che spinge all’incontro con l’altro, che genera unità con chi è prossimo e va a ricercare chi non se ne occupa. La musica è una forma artistica molto gradevole, sa unire e fare comunità perché rallegra, consente il compartir, porta un po’ di sollievo nelle pene, e perciò la considero uno strumento molto importante. Certo, bisogna tornare al vero anche per la musica che oggi è diventata troppo spesso un modo per fuggire dagli altri e separarsi da quanto accade attorno”.
Tu non scrivi canzoni, piuttosto le ricerchi e le scegli nella tradizione e nel vissuto popolare…
“C’è stato un giorno, per me indimenticabile, in cui parlando con il professor Giovanni Riva, mi disse che l’importante è sapere cosa cantare. Per me, perciò, la cosa più importante è cantare ciò che esprime il mio stesso desiderio sulla vita, la mia ansia di felicità, un canto che sa raccontare le cose che fanno parte anche della mia stessa esperienza, che sono l’eco di una voce profonda del cuore. Non canto quelle parole per ripetere le stesse scelte ma per riconoscere e pronunciare lo stesso bisogno. Come un passare attraverso certe lotte per iniziare la nostra, per non dimenticarci di un compito. Quando canto, e quasi sempre lo faccio in coro con molti, non ricevo una soddisfazione egoistica, ma godo della felicità che ci diamo tra amici”.
Cosa ha di particolare il Tonalestate, tanto da venire a cantare gratuitamente per una serata?
“Prima di tutto sono riconoscente a questa Compagnia di uomini di ogni parte del mondo che lo fanno da tanti anni e che mi hanno invitata da questo piccolo Paese quasi sconosciuto. Grazie anche per darmi l’occasione di contribuire a questo progetto culturale che mi consente di portare la voce di chi non ha voce. Mi piace farlo al Tonalestate perché qui non si racconta l’esperienza della povertà e dell’ingiustizia per dare o ricevere la fama, non si solleva soltanto il velo sulle molte ferite degli uomini, ma si ritrova una prospettiva e una strada per diventare coprotagonisti di uno stesso tentativo di rinascita umana.