Domenico Gallo: “Se la politica imbocca il sentiero dell’onnipotenza”
E venne il tempo dell’ideologia delle riforme. Un tempo convulso che non permette la riflessione, l’ascolto di ragioni altre, la partecipazione reale dei cittadini.
Italia: riformare ad ogni costo. Riformare, in primis, l’architettura costituzionale. Domenico Gallo, giurista, magistrato di Cassazione e già senatore della repubblica, spiega, in una lezione accuratissima di riferimenti storici e documentali, la svolta che l’Italia sta compiendo attraverso l’assalto al Patto costituzionale che, alla fine della seconda Guerra mondiale e della dittatura fascista, ha organizzato il popolo italiano in una comunità.
Chi l’ha scritto prefigurava una società “umana”, cui potesse essere definitivamente risparmiata la triste esperienza del potere sopra ogni potere. Ecco, quindi, che la Costituzione italiana garantisce equilibrio fra i poteri istituzionali e prevede pesi e contrappesi parlamentari che impediscono l’affermarsi di un “potere forte”. Un progetto inteso a eliminare lo spirito di fazione, favorendo un reale pluralismo delle presenze vive nella società, consentendo ai cittadini di darsi voce entro le Istituzioni, nel rispetto delle libertà individuali ma anche di organizzazione sociale. Un progetto che ha consentito di abbandonare la politica della potenza e la connivenza con la guerra.
Si insiste da più parti sul fatto che i tempi sono cambiati e che, perciò, occorre svecchiare, che questo impianto normativo impedisce la governabilità e che la crisi finanziaria non consente più ritardi e riflessioni troppo accurate che intralciano i o il Decisore finale. Nella “vecchia” costituzione tale potere supremo apparteneva al popolo; dopo le riforme, a chi sarà consegnato?
Il grimaldello sta nella riforma della legge elettorale. Dopo molti tentativi, fermati da referendum popolari e sentenze della Consulta, si è giunti alla riforma “renziana” nota come “Italicum”. Una legge truffaldina che maschera un meccanismo occulto di premi e finte preferenze per consegnare tutto il potere a un solo partito. Le forze politiche andranno al confronto elettorale singolarmente (non in coalizioni) e chi avrà ottenuto almeno il 40% dei consensi, si confronterà, in un ballottaggio, con il secondo arrivato. Chi fra i due contendenti avrà ottenuto un voto in più dell’altro si aggiudicherà il 55% dei seggi alla Camera dei Deputati. Il voto del cittadino della maggioranza varrà 3,67 volte di più degli altri. E considerando l’alta percentuale di astensionismo, si può prefigurare che quasi tutti i seggi parlamentari saranno occupati da una percentuale molto ristretta. Il risultato sarà un partito unico che insedierà un uomo solo e deciderà le nomine di ogni altra carica centrale.
La “nuova” Costituzione vedrà scardinato il principio fondante dell’uguaglianza dei cittadini e della loro rappresentatività e il Parlamento (con una sola camera legiferante, data altresì l’abolizione del Senato) sarà un’Assemblea di “pretoriani del Principe; non più luogo di confronto e sintesi politica delle domande che provengono dalla società ma consiglio d’amministrazione dell’azienda governo”.