NI DIEUX NI MAITRES: il grande sradicamento (conclusioni 2006)
1.Rivolta-Terrorismo-Resistenza
L’uomo vero, l’uomo buono non può che essere in rivolta. La Rivolta, perché non sia un sogno o un’istintività o un interesse individualistico o anarchico in senso negativo, la rivolta è vera se è fatta per qualcosa da difendere, per una realtà positiva, già tentativamente cambiata, che vuoi difendere dall’oppressione e dall’ingiustizia. Per ciò la parola che più emerge sulla parola “rivolta” è la parola “resistenza”, per qualcosa che già esiste e che vuoi difendere. Una realtà di rapporti, una realtà di storia, una realtà di lavoro che vuoi difendere. Esempi di questo ne abbiamo ascoltati molti: le istanze del popolo basco, quelle dell’Irlanda, il dramma della Cecenia e della sua gente e altro ancora. Sono le isole di resistenza così come le chiamava Luciano della Mea e il Cardinal Journet. Il Tonalestate di quest’anno è stato senza dubbio un passo importante perché ci siamo resi conto che la resistenza è un fenomeno in atto, non è una speranza utopica ma un fatto che già c’è in molte parti del mondo. Le contraddizioni del mondo di oggi tutti le viviamo in ogni centimetro quadrato in cui esistiamo; ogni spazio in occidente e in oriente ha in sé tutte le contraddizioni di tutti: un mondo non già diviso tra ricchi e poveri o tra nord e sud. Ciascuno di noi è immersp nella contraddizione globale. Il nostro lavoro invita tutti a smascherare una menzogna di cui oggi i potenti si servono per confonderci o per bloccarci nell’ inerzia. Qual è questa menzogna? Quella di identificare la resistenza con il terrorismo. Chiamano terrorismo tutto ciò che si oppone, tutto ciò che non si allinea, tutto ciò che non fa silenzio. Chi si muove, da solo o con altri, chi lotta contro l’ingiustizia, chi protesta, chi denuncia, chi lavora perché il mondo sia più giusto, si trova ad essere tacciato di terrorismo. Dobbiamo smascherare questa menzogna e ribadire che c’è una bella distinzione tra chi ha scelto la strada, il cammino della resistenza e quello che i potenti chiamano terrorismo. Dobbiamo, questo, dirlo a tutti, gridarlo dai tetti e nelle strade, mentre continuiamo il paziente, quotidiano lavoro di isole di resistenza che già abbiamo, da anni, iniziato, costruendo ciascuno la nostra realtà e difendendola dal potere quando è ingiusto e disumano, con armi proporzionate a quelle che il potere usa.
2.Il cuore dell’uomo e la ragione umana La rivolta, in questo senso di resistenza, è il segno di un cuore puro, quel dire “sì” o “no” che presuppone la libertà di coscienza che si affronta al potere. Ma la libertà si iscrive in un cammino di resistenza che comporta spesso dolore e sofferenza, drammi e decisioni, spesso contradditorie e vissute, a volte, nella solitudine. Credo che quest’anno i contributi di Tonalestate abbiano, alla radice, toccato la complessa problematica relazione tra etica e antropologia, cioè tra la nostra comprensione dei beni e dei doveri morali e la concezione della natura umana. “Chi siamo?” e Come dobbiamo vivere?” (prima ancora di “Che cosa è giusto fare?”) sono i due interrogativi che stanno al fondo. Essi esprimono anche il tentativo di recuperare la fedeltà a un senso embrionale di ciò che ha importanza decisiva nella considerazione del valore dell’uomo sotto ogni cielo e in ogni terra. Allora, anche l’ulteriore domanda (“Che cosa è giusto fare?”) può essere posta fondatamente e ottenere risposta in forme di vita lontane sia dal disumano sogno del superuomo sia da quegli “ultimi uomini” di cui Nietzsche dichiara che cercano soltanto “un miserabile benessere”.
3. La lotta culturale che dobbiamo fare L’evocazione del cammino ci ricorda l’essere fianco a fianco e il Tonalestate vuole essere sì stimolo culturale ma anche sollecitare quella compagnia di uomini insieme nella coscienza della resistenza: siamo insieme nella lotta, la lotta della costruzione di pezzi di libertà vissuta. Desidero sottolineare che, lontano sia da un pessimismo assoluto che da un ottimismo assoluto, Tonalestate, con l’aiuto di voi tutti, cerca di sconfiggere, anno dopo anno, tutte le tendenze a scorgere, nella realtà, tendenze irreversibili, resuscitando la coscienza del fatto che la società sarà sempre il luogo della lotta tra le forme più basse e quelle più alte della libertà. Il meglio non può mai essere definitivamente garantito, ma neppure il declino e la volgarità sono ineluttabili. Nessuno dei due lati potrà cancellare definitivamente l’altro ma Tonalestate desidera, attraverso il dialogo che provoca, che le forme migliori possano guadagnare terreno, almeno per qualche tempo. Lo scorso anno si era lanciato il lavoro dei centri culturali: così è stato: in Giappone con Taka Shibata, in Salvador e in Messico, in Francia con Gabriel Mouesca. Ma quest’anno, se ci aiutate. Potremo costruire un lavoro ancora maggiore, un lavoro che ci faccia essere insieme, come qualcuno ha suggerito: il lavoro di un bollettino che metta in relazione, che racconti, che abbia il desiderio di farci parlare, di farci ascoltare gli uni gli altri, per combattere quel silenzio che può diventare insopportabile.