Ma la risposta ci scomoda
Tanto avevo incontrato nel mondo e tanto avevo accumulato, eppure questo accumulo diventava come una zanzara fastidiosa. Avere, avere sempre più cose materiali. Poi ho capito che la direzione della mia vita non era quella. Mi sono sentito un ladro. Non perché avessi rubato denaro, cosa che non ho mai fatto, ero un ladro della vita.
È l’incipit del racconto che Rob Lawrie fa di sé prima di presentare le fotografie che ha scattato nella “Giungla” di Calais. Là dice di essersi vergognato davanti a bambini che bevevano l’acqua dalle pozzanghere e dormivano sulla terra mentre si aspettava di trovare torme di briganti che i média britannici gli avevano dipinto. La realtà era fatta di famiglie e di bambini soli, eppure c’era tra loro molta speranza, difficile da capire.
Rob prosegue il racconto, dicendo di aver “fatto lo sbaglio” di andare in Siria. Lui, militare britannico che aveva vissuto la Bosnia e la Serbia, dice di aver incontrato una situazione inenarrabile, mai vista altrove. Lo stato di distruzione delle cose, ma molto più dell’umanità della gente lo ha costretto a prendere una decisione radicale su di sé, così lasciò il lavoro ben retribuito e espose se stesso a molte incomprensioni e difficoltà personali. La sua scelta lo ha portato a cercare di portare al sicuro dall’inferno della guerra alcuni bambini e per questo lo hanno arrestato con l’accusa di essere trafficante d’uomini e colpevole del reato di solidarietà. Conclude dicendo che certo non possiamo aiutare tutti, ma tutti possiamo aiutare qualcuno ed è il sogno reale nel quale propone di credere. Da ladro della vita, oggi Rob si sente “ricco dell’amore delle persone”.