Ciò che è evidente non si può negare
È possibile pensare a un sistema politico nuovo?
Catherine Wintol De Wenden non ha una risposta ma si dice certa che sia possibile un nuovo sistema culturale in cui risolvere la sfida identitaria che stiamo vivendo. Nelle nostre società occidentali si è andata affermando l’idea che sia lo Stato a definire le identità. Con un criterio nazionalista si vanno consolidando degli stereotipi sull’altro. Tale sistema, al confronto con le ondate migratorie, ha già dimostrato il proprio fallimento.
L’altro non può essere ridotto all’unica immagine nel quale si insiste a rinchiuderlo e il rischio che corrono i Paesi europei è che Questi finisca per riconoscersi nello schizzo in cui lo dipingiamo. Abbiamo individuato categorie di nemici e così innalzato frontiere mentali che stanno rinchiudendo l’Europa in una terra assediata che perde la propria identità nell’inutile sforzo di escludere chi europeo non è. Non c’è altra via ragionevole che quella di guardare la realtà per comprenderla e trasformarla in forme possibili di convivenza. Ciò obbliga l’apertura ad una visione positiva dell’altro perché “la nostra identità è sempre più fatta di crocevia”.
La questione politica più spinosa dell’attualità riguarda, probabilmente, il terrorismo, le sue cause e le sue conseguenze. Dominique Vidal ha riferito di un’inchiesta accurata svolta con Akram Belkaid sul percorso di migliaia di giovani reclutati dal terrorismo internazionale. La sintesi di quel lavoro è che “il jihadismo affonda le sue radici nella “crisi molto profonda delle società occidentali, delle quali rappresenta l’apogeo”. L’ISIS è il risultato di una “crisi di utopia, cioè di una assenza di vie d’uscite politiche in società sempre meno ugualitarie.” Le Brigate Rosse e la Banda Baader, che un tempo mobilitavano alcuni giovani ribelli, non esistono più. Ecco perché l’ingiustizia sociale produce ormai “una doppia radicalizzazione, populista e jihadista. […]. Il nodo, per molti interlocutori, è che l’essenziale si trova nel Vicino-Oriente. Operando per una soluzione pacifica e democratica dei conflitti a cominciare dalla realizzazione del diritto dei palestinesi a uno Stato si può avviare il cambiamento e, in ugual modo, comincia nelle nostre società, attraverso la risposta “al sentimento intenso di una crisi di alternative, di perdita di riferimenti e di senso” secondo la formula di Michel Wieviorka. Bisognerebbe medicare le piaghe del mondo. E se cominciassimo – suggerisce- dal “trasformare la crisi in dibattiti e in conflitti non violenti?”.