So che al Tonalestate stiamo lavorando per il nostro domani
Michel Warschawski parla di eredità come dono e come fardello. Non sempre è un patrimonio, materiale e ideale, facile da ricevere e portare, in qualche caso può essere perfino un obbligo, come succede per l’eredità genetica. Ma il tipo di eredità di cui si occupa il bel intervento di Warschawski è quella spirituale e intellettuale. E’ comune, purtroppo, l’esperienza del peccato d’orgoglio che ci porta a pensare che tutti i nostri valori vengano da noi stessi e che siamo gli unici attori della nostra esistenza. Più realistico è vedere che ci appoggiamo su un’eredità che abbiamo ricevuto che, tuttavia, non è soltanto da tesaurizzare, ma piuttosto da far crescere e da trasmettere. Un grave errore è stato fatto dalla generazione post sessantottina, per pigrizia o per liberalismo eccessivo accompagnato da scelte politiche e etiche scellerate: lasciare che i figli scegliessero da soli, che ricominciassero da zero come se si dovesse scoprire da soli le cose più importanti che la generazione precedente aveva vissuto. Con un riferimento all’esperienza che gli è propria, quella del popolo israeliano, Warschawski dice che si è usata la Bibbia come se fosse una mappa catastale che assegnava alla società israeliana un territorio poi si è dilapidato il messaggio profetico di giustizia in esso contenuto. Si è creato un silenzio gravoso sull’esperienza di alcune delle esperienze più importanti che gli ebrei hanno vissuto in Europa, quali il movimento degli ebrei polacchi e l’esperienza del Ghetto di Varsavia: esperienze di lotta non solo per la libertà degli ebrei ma per quella di tutta l’umanità. I libri scolatici non prolungano tale memoria e una parte importante della cultura giudaica va perdendosi.
Il popolo palestinese mette al cuore della trasmissione della propria storia la nakba. Il ricordo di un popolo di rifugiati è un’eredità, l’umiliazione dei padri richiede il rivolgersi alla sofferenza del passato per trovare le ragioni e la forza di guardare avanti. Una quarta generazione di palestinesi sta vivendo l’umiliazione dei padri non per vendicarsi di essa ma per riparare. Un processo necessario alla riconciliazione che importa il riconoscere la verità dei fatti e, insieme, l’abbandono del desiderio di regolare i conti.
Il Tonalestate è visto come un esempio di quanto si possa fare per trasmettere l’eredità che si è ricevuta: sta passando a questi giovani un patrimonio spirituale e intellettuale e il monito è quello di trovare un linguaggio capace di essere inteso in una società i cui codici cambiano velocissimamente. Ciò permetterà di mantenere il tesoro ricevuto di pensiero, di esperienze, di valori non come un dovere di memoria ma perché metta radici e rinforzi l’impegno di oggi così da rinnovare la terra. Ciò permette di essere empatici verso la memoria degli altri e quindi di aprirci a un’azione comune.