Furore
Due illustri uomini di cultura e politici provenienti da Israele hanno portato la loro testimonianza in una giornata titolata “Furore”. Sono entrambi arabi: Jamal Zahalka è uno dei co-fondatori e direttore generale dell’associazione Ahali, un’organizzazione no-profit creata per promuovere le comunità agricole arabe-palestinesi. Dal 2002 è membro del Knesset, parlamento israeliano, dove oggi è leader del partito di opposizione, palestinese, Balad.
Anwar Abu Eisheh è professore alla Al Quds University di Hebron e Gerusalemme dopo aver ricoperto importanti incarichi politici. Si occupa soprattutto di azioni educative per i bambini in situazioni di emergenza nei territori occupati ed opera principalmente a Hebron, la sua città, uno dei punti più caldi della questione israeliano palestinese. Il suo intervento ha preso avvio dalla situazione di violenza che ha dovuto fronteggiare da sempre nella sua terra e che sta dilagando anche in Europa. Se tanti politicanti vedono Israele come un modello da utilizzare, Anwar denuncia che Israele usa il terrore per distruggere il popolo arabo-palestinese. Il motivo della propria lotta è, forse, iniziato, per spirito di vendetta, dopo le violenze subite dai familiari, espulsi dalle loro terre e dalle loro case. L’esercito israeliano, di fronte a qualunque tipo di reato, opera punizioni collettive, rivolte al maggior numero possibile di persone, nuclei familiari, abitanti di zone territoriali. Lo fa negando l’acqua, oppure avvelenandola. Il colono di fronte a casa ha acqua in abbondanza, il palestinese soffre la sete. Quale potrà essere la reazione, soprattutto dei giovani, se non la violenza? La storia personale di sofferenza e di impegno lo ha segnato portandolo ad occuparsi soprattutto dell’educazione dei giovani per i quali, spesso, paiono non esserci alternative alla violenza. Con grande sofferenza parla dei palestinesi come dei “nuovi ebrei” perseguitati da tutti, cui persino i paesi arabi chiudono le porte. Auspica che si possa finalmente attuare un piano di riconciliazione secondo le norme del diritto internazionale, ma per farlo è sempre più necessario che la comunità internazionale abbandoni gli interessi dei potenti per occuparsi finalmente della gente. La Palestina fa parte del mondo senza domani? “No, dobbiamo realizzare una politica fondata sulla giustizia per tutti, anche per i palestinesi, che, come tutti, hanno il diritto all’auto determinazione e ad un loro Stato. Noi dell’OLP abbiamo scelto la non violenza come modo di lotta politica, che desideriamo tanti cittadini israeliani condividano”. Conclude invitando il Tonalestate a Hebron a conoscere l’associazione di scambi culturali che Anwar guida in quella città.
L’esperienza politica di Jamal Zahalka entro il parlamento israeliano è in opposizione a quello che lui stesso definisce un regime oppressivo. Rappresenta la componente palestinese che viene sempre più separata con l’evidente obiettivo di essere eliminata. Si tratta di un milione e mezzo di persone che risiedono in Israele ma vivono una grossa discriminazione. Ve ne sono altri che vivono nei Territori senza diritti e separati da un muro. Si può dire che ogni palestinese vive segregato nella zona in cui risiede. L’azione politica del partito Balad è indirizzata al riconoscimento dei diritti civili e del territorio. Zahalka si confronta con molte mura da abbattere, fisiche e ideologiche. “Israele esige sempre più potere, non cerca dialogo. Il suo governo è molto forte, attua espulsioni, discrimina chi vuole. Un cambiamento sarà possibile solo se Israele cambierà atteggiamento e la comunità internazionale se ne farà carico”.