L’EREDITÀ, tonalestate 2016
“E io ho sparato su Dolochov perché mi sono ritenuto offeso; e Luigi XVI è stato giustiziato perché lo avevano ritenuto un criminale, mentre, un anno dopo, sono stati condotti a morte quelli che lo avevano giustiziato, anch’essi per un motivo o per l’altro. Che cosa è male? Che cosa è bene? Che cosa bisogna amare, che cosa odiare? Per che cosa bisogna vivere e che cosa sono io?”: così il nobilissimo e goffo Pierre s’interroga in Guerra e Pace, un capolavoro, come La recherche, di cui noi uomini non saremmo probabilmente degni, se non ce ne avessero appunto resi degni Tolstoj e Proust, due umilissime genialità assai note e forse troppo poco lette.
Queste sono anche le domande scritte nell’anima dei due fieri contadini americani, segno della forza di perseveranza e di volontà di fondazione propria dei pionieri – e propria di chiunque non si lasci illudere dalla stupidità o dall’inerzia – dipinti da Grant Wood nel 1930. E sono le domande scritte dentro il tema – l’eredità – che il Tonalestate ci propone per la sua edizione del 2016: che cosa possiamo lasciare in eredità ai nostri figli (e, a loro volta, questi, che cosa trasmetteranno ai loro figli), se non sappiamo chi siamo e non sappiamo di che natura è il seme che oggi, con prudenza o leggerezza, con odio o con amore, piantiamo con la nostra vita e le nostre scelte di tutti i giorni? Quale futuro ci preparano coloro che ci governano e dei quali ci è in realtà sconosciuto il volto? E quale futuro hanno in mente quelli che a loro si oppongono con le armi o con le idee?
Un mundo sin mañana (un mondo senza domani) cantava, nel 1974, un rivoluzionario venezuelano, Alí Primera: parole indubbiamente scioccanti le sue, che ci svegliano, oggi, dopo oltre quarant’anni, dal nostro inquieto e inefficace scontento. Nessuno riesce davvero a pensare a un mondo senza domani, eppure tutto porterebbe a farcelo credere. Le guerre, lontane o vicine, la fame, la miseria, la povertà, la schiavitù, lo sfruttamento, le ingiustizie, le angherie, gli abusi, gli affari e i malgoverni: tutto questo ci sorprende, pur nella sua antica, ritmica, quasi banale e crudele ripetitività. Resi impotenti di fronte a tante ingiuste morti, eccolo il futuro: poche case/di annosi mattoni, scarlatte,/e scarse capellature di tamerici pallide/più d’ora in ora; stente creature/perdute in un orrore di visioni.
Ma è proprio soltanto così? Con leggerissima delicata voce, simile a un merletto di Bruges, Ungaretti, nella sua saga sul dolore, domanda il risorgere, fra quegli annosi mattoni e quell’orrore di visioni, dell’angelo del povero. Chi è mai questo angelo del povero? Forse sei tu? Forse sono io? Forse siamo noi? Chi può tramutare in un cuore che vibra la nostra focosa pietra sulla quale camminano e operano le oscurate menti di chi ci governa? Chi può tirar fuori, in noi e in loro, la gentilezza superstite dell’anima?
Il Tonalestate, come ogni anno, con i suoi invitati e alla presenza di giovani e adulti uniti da un’amicizia che desidera essere ed è parte di questa gentilezza, ci farà incontrare più d’uno di questi angeli del povero, oltre a farci riflettere a fondo su quelle iniziali domande che ogni uomo dovrebbe porre e dovrebbe porsi, non certo a cent’anni, ma al primo sorgere di quel sorriso dell’alba che chiamiamo adolescenza.
Un tema, dunque, quello del 2016, inquietante e generoso, importante e vitale e, mentre vi riflettiamo e a esso ci prepariamo, il Tonalestate, nella sua internazionalità, invita tutti a “feel the burn”.
A punto de empezar.
Les deseo una Gran Jornada, intensa y llena de verdad.
Las conferencias seguramente serán un gran aporte a la conciencia colectiva para fortalecer esta nueva humanidad, en un entorno de fraternidad y sincera amistad.
Abrazos para todos.
Vivian