Philippe Claudel: “La stupidità è l’ombra annidata dentro la grande luce dell’intelligenza”
Può essere comune l’esperienza che Philippe Claudel riferisce dalla sua conferenza. Nel cortile di una scuola, in un luogo di lavoro, in una comunità anche apparentemente affiatata, la forza fisica o morale, una “autorità bruta”, si attorcigliano attorno a qualcuno per farne preda di ogni più ingiusto trattamento. L’esperienza dimostra che, quando accade, per lo più la vittima è sola e l’intelligenza e la cultura non sono d’aiuto e le risorse della nostra umanità sono anche le più fragili di fronte a un certo delirio di onnipotenza.
Se si sposta la visuale dalla parte delle vittime, uomini o popoli, si osserva che “la vigliaccheria, la paura, le schiene che si voltano, gli occhi che si chiudono, le bocche che rimangono chiuse e le mani che vengono rimesse in tasca” sono l’alimento dell’oltracotanza, della ubris dei piccoli e grandi che si fanno padroni.
Smascherare questo pericolo anche nelle nostre persone, nelle nostre scelte civili, nelle decisioni del vivere quotidiano è decidersi a essere “torri di guardia del sapere, dell’umanesimo, della fraternità, dell’intelligenza e della cultura”. Rifletterci, incontrarsi, ascoltarsi, come al Tonalestate, è un dare l’allerta e, certamente, preparare, nelle coscienze, il tempo di un mondo migliore. Di nuovo il tema del dialogo è fondamentale, il mio rinunciare a qualcosa per fare posto all’altro, per uscire da una logica di immediato soddisfacimento dei propri piaceri, istinti e pretesa dominazione sull’altro.
Il problema sta nel capire che cosa alimenta questo delirio di onnipotenza che corrompe l’uomo a tutti i livelli.