José Gordon: “dobbiamo maturare verso lo stupore”
4 agosto 2015
16.00 José Gordon
scrittore, giornalista, divulgatore scientifico
“La ambición en la ciencia: arrogancia y humildad”
Una delle forme per lottare contro il delirio è il dialogo. E dietro questo delirio c’è l’incapacità di immaginare l’altro. Compito della scienza e dell’arte è quello di aiutare contro questo delirio. L’arroganza, l’audacia che può avere la scienza riguardo a questo delirio dovrebbe essere legata all’umiltà. Bisogna stupirsi di ciò che abbiamo davanti agli occhi, il desiderio di comprendere l’universo è molto più complesso; non solo a livello scientifico ma anche capire il flusso della vita. Bisogna sentire il desiderio di affacciarsi all’universo con stupore e umiltà.
Il vantaggio del mondo dell’arte e della scienza è che allarga la nostra vista. Il grande compito è ciò che dobbiamo fare con i bambini, con la loro immaginazione che non dobbiamo uccidere e Bruno Shultz: “dobbiamo maturare verso l’infanzia, dobbiamo maturare verso lo stupore”.
Nel romanzo Toccare l’acqua, toccare vento, Amos Oz testimonia il tentativo di cancellare la linea tra matematica e musica, nella visione di una teoria che includa tutto, spieghi tutto, che è essenzialmente un’idea religiosa. Non ha a che fare con Dio, non ha a che fare con la sinagoga, non ha a che fare con la Chiesa, ma è un’idea religiosa.
L’audacia dello spirito della conoscenza e l’umiltà di sapere che siamo davanti ad un universo che ci stupisce, sono i connotati con cui Jorge Luis Borges, nel racconto intitolato L’Aleph, presenta una specie d’ipercubo, in cui si uniscono tutte le dimensioni possibili e si rivela l’interno e l’esterno di tutte le cose. Scrive Borges ne L’Aleph: “Ho visto la circolazione del mio stesso sangue (…) ho visto l’Aleph, da tutti i punti, ho visto nell’Aleph la terra, ho visto la mia faccia e le mie viscere, ho visto la tua faccia, e ho avuto le vertigini e ho pianto, perché i miei occhi avevano visto quell’oggetto segreto e congetturale, il cui nome gli uomini usurpano, ma che nessun uomo ha guardato: l’inconcepibile universo”. Ovvero l’Aleph, ci parla di un punto che, come un ologramma cosmico, contiene tutti i punti dell’universo.
Che meravigliosa audacia quella di Borges! Non è generata dalla superbia, ma dal desiderio di affacciarci sull’inconcepibile universo. Un desiderio che non ha a che fare con deliri di grandezza ma con l’umiltà dello stupore che, oltretutto, è anche a fior di pelle, se abbiamo la sensibilità adeguata.