Megumi Inoue: “Fukushima è stata abbandonata”
Megumi Inoue è la giovane autrice della mostra fotografica “The tears of Fukushima – 4 years later” esposta nella Sala Consigliare di Ponte di Legno.
Il giorno in cui la prefettura di Fukushima fu colpita dal terremoto e dallo tsunami, Megumi riceve un’email da un amico che vive in Argentina allarmato per le conseguenze che si avranno sulla centrale nucleare attiva in quella Città. Solo il giorno seguente, il 12 marzo 2011, quando esplode il reattore n. 1, il Giappone viene informato della situazione minimizzando quanto più possibile.
Sono passati 4 anni, i morti finora registrati sono 1800 e più di 7000 operai sono ancora impiegati nello smantellamento e nella decontaminazione dei suoli.
Megumi ne rimane impressionata al punto che si mette a studiare la radioattività, vuole capire cosa sia realmente accaduto e quali saranno le conseguenze per la sua gente. Non le bastano le notizie ufficiali, decide di andare nella regione per vedere e per documentare ciò che vede. Arriva nella frazione Tsushima della cittadina di Namie a 30 Km dalla centrale della TEPCO, la compagnia elettrica di Tokio. Vede il deserto. Tutto è stato contaminato, tutti gli abitanti sono stati costretti ad andarsene. Queste terre tra le montagne, che erano state faticosamente coltivate e che avevano visto uno sviluppo per la popolazione, non sono più abitabili.
Il governo ha disposto che siano raccolte e stoccate in sacchi capaci di reggere per un massimo di 4 anni, tonnellate di terreno contaminato e i camion che lo fanno sollevano nubi di polvere radioattiva. L’acqua sversata nel mare, il fumo degli incendi che bruciano i resti e il liquame che scola dai sacchi più vecchi penetrano nell’aria e nelle falde profonde.
E’ stato chiesto a Megumi perché continua ad andare, perché non teme il pericolo e le conseguenze che ne potrebbe riportare.
Per dar voce agli sfollati -ha risposto- forzati a evacuare dai luoghi loro famigliari, dove avevano vissuto lunghi anni e che piangono in stretti prefabbricati. Ma le loro lacrime non arrivano a nessuno. Io voglio continuare a portare le loro grida accorate. Vi prego di non dimenticare e di continuare a guardarli perché questo è il desiderio più profondo della gente di Fukushima.