Francisco Prieto: “Colui che è superbo non ama”
4 agosto 2015
10.00 Francisco Prieto
scrittore, giornalista, docente universitario a Città del Messico
“Del Súper hombre a Superman”
Francisco Prieto è scrittore. Già da diversi anni viene al Tonalestate, dal Messico, dove vive, per potersi incontrare con questo suo pubblico preferito di giovani studenti di ogni provenienza culturale. Da scrittore, la sua relazione è quasi una sceneggiatura, il tessuto di un romanzo che, un tempo, avremmo definito di fantascienza.
Un uomo, in un tempo eternamente presente grazie al progresso tecnologico, che può appagarsi delle sue scoperte e conquiste, che può godere di un continuo rinnovamento genetico e che, pertanto, può vedere superata anche la paura della morte. Un primo, definitivo uomo. Il regno delle esistenze indifferenziate. Fine della storia e dell’autodeterminazione per il necessario avvento di un Decisore che sorveglia il buon funzionamento del sistema e garantisce l’atarassia.
Ma la “nostalgia del vivere” potrebbe inserire l’imprevisto della guerra, fosse anche solo per poter morire.
E’ un copione in cui si colgono le trame della divinità del progresso che intende nascondere la morte, quella degli esseri e quella di Dio, giacché, se non si è creature, non c’è più niente di superiore e non serve un Altro cui gridare o da ringraziare.
Seguendo tutti i richiami letterari che Prieto propone, si capisce che il disegno non è di oggi, che la tentazione di essere arbitro della “conoscenza del bene e del male” serpeggia nella letteratura fin da quel primo racconto della Genesi ed è inevitabile fermare lo sguardo sulle attuali élite di potere organizzate e intrecciate che impediscono qualsiasi movimento popolare, sull’impero del mercato e sul decadimento della fortuna delle facoltà universitarie umanistiche che annuncia un inverno della cultura.
Infine diviene più comprensibile anche l’attacco contro Dio e l’ambiguità con cui lo si presenta rivestito dei fondamentalismi e della corruzione del religioso. Il Dio di cui parla Prieto è il Dio che è Padre, la cui presenza si riconosce nell’altro perché è fratello. “Solo questo impulso fraterno (che elimina la superbia come negazione dell’altro) può ridare la vita a coloro che sono umiliati e offesi, che sono sempre di più oggi in tutto il mondo. Dopo tutto abbattere la superbia partendo dall’amicizia è la costruzione del regno in noi stessi”.