Là dove cresce il pericolo, cresca ciò che salva
Gian Guido Folloni e Maurizio Torrealta sono giornalisti che hanno presentato parte del loro lavoro di ricerca e approfondimento su due realtà con connessioni strette anche se non immediatamente visibili.
Folloni ha prospettato la ricerca di un infinito oltre le pastoie degli schieramenti geopolitici e della globalizzazione della crisi sociale e l’ha fatto a partire da Europa (senza articoli determinativi).
Torrealta ha parlato della scienza delle armi.
Maurizio Torrealta si sta occupando da diverso tempo di un’accurata ricerca sulle nuove tecnologie applicate all’industria delle armi.
“L’opinione pubblica è portata a pensare che la scienza abbia in sé un valore illuministico di conoscenza, di chiarezza, di oggettività. Nulla di più erroneo. Al contrario la scienza, e coloro che ne partecipano sia a livello creativo sia a livello di gestione tecnica, sono estremamente accurati nel nascondere l’oggetto delle ricerche scientifiche e le loro possibili applicazioni. E soprattutto sono estremamente determinati a guidarne lo sviluppo nella direzione che possa produrre il maggior profitto e il maggior potere a chi già lo detiene”.
Sono già in uso, nei molti teatri attuali di guerra, armi nucleari minuscole che producono radioattività diffusa con effetti letali per la popolazione civile, così come sono utilizzati raggi di onde elettromagnetiche (The Pain Ray) della stessa frequenza che eccitano i nervi recettori del dolore e che provocano la sensazione di bruciare, oltre ad armi non letali intese a creare mutilati non martiri. Si sa che a Gaza si sta usando uno speciale ordigno (DIME) che recide gli arti inferiori necrotizzando in modo non sanabile i tessuti e rendendo così le vittime totalmente dipendenti dai famigliari che, dovendosi occupare di loro, sono distratti dalla tentazione di creare nuovi martiri.
Da attento osservatore del contesto mondiale, Folloni porta al Tonalestate un nuovo tassello alla sua lettura della storia. Oltre l’analisi dei bruta facta verso la costruzione del cambiamento. Lo fa da un riferimento mitologico: il mito di Europa e Cadmo. La prima rapita da Zeus, il secondo alla sua strenua ricerca. Fuor di metafora, esiste un progetto, denominato Razvitie, che vorrebbe raggiungere e coinvolgere ogni terra, al pari dell’avventura di Cadmo che fu ricerca universale di un luogo dove “costruire” Europa. La nostra è la realtà della società liquida descritta da Bauman in cui la solidità delle cose è vista come una minaccia. Una società profondamente sradicata dal suo ethos, travolta dai fumi della finanza speculativa, disancorata dall’economia reale, da una politica priva d’ideale, dalla crisi globalizzata. Uscirne esige un cambio di paradigma e la ricerca di un nuovo ethos, ricerca d’infinito. Servono cultura, sapere, progettualità di lavoro e nuova socialità. Sintetizzato, può essere “sviluppo” e il progetto che è stato proposto al “V Astana Economic Forum” è stato chiamato appunto Razvitie, termine russo per sviluppo. Si concretizza nella realizzazione di una serie di connessioni, in una fascia profonda 200 chilometri da Lisbona a Vladivostok, attraverso l’Europa, la Russia, l’Asia centrale, il Caucaso e la Turchia incontrando la Cina. Ferrovie, linee di trasporto energetico, trasporto merci, nuove città, nuove fabbriche a impatto sostenibile, nuove università.
“Prendi una vacca e seguila. Non farla riposare. Quando cadrà sfinita, lì costruisci una città”, suggerì l’oracolo di Delfi a Cadmo nella sua ricerca di Europa. E’ lo stesso cammino che ci auguriamo veder ripartire per la costruzione di una nuova città abitabile dall’uomo.