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Guardiamo i bruta facta come chi guarda piovere e non si bagna? La nostra storia ci riguarda

9 Agosto 2014 Nessun Commento

Manuel Gómez Granados si introduce con discrezione all’argomento. Guarda negli occhi il pubblico internazionale che lo ascolta, formato in larga parte da ragazzi. Vorrebbe muovere gli affetti, ampliare gli orizzonti, cercare risposte che si avvertono come indispensabili, o introdurre dubbi per provocare nuovi pensieri. E questo senza pretese accademiche, ma come “ser humano de a pie”. La sua lezione non si sottrae alle definizioni della storia che sono rintracciabili fin dal pensiero greco e sono state il frutto di riflessioni approfondite in ogni campo del sapere umano. Della storia si sono fatti, soprattutto in Occidente usi diversi. È servita a giustificare il potere, a dare identità alle comunità e, naturalmente, è oggetto di una scienza propria, molto spesso e in molti luoghi, scritta dai vincitori. Interessante, a tal proposito, il film di Akira Kurosawa del 1950 “Rashōmon”. Se è difficile trovare una lettura obiettiva della storia, non si può dimenticare che la verità esiste e che è compito degli uomini ricercarla. Una tale ricerca è anche responsabilità di una decisione cosciente e libera per la costruzione di un mondo più umano e giusto. E’ la storia non dei semplici bruta facta, ma il frutto delle opere dei suoi costruttori. Walter Benjamin, Horkheimer, Boaventura de Sousa, Gustavo Gutiérrez, Ignacio Ellacuría, e altri se ne sono occupati.

C’è un romanzo. “Casa Tomada”, de Julio Cortázar in cui si racconta che la famiglia che la abitava viene pian piano cacciata dalla sua casa dalla presenza di “un altro” di cui non viene descritta la natura. Il testo è del 1946 e se ne sono date diverse interpretazioni. Il racconto diviene di attualità in un tempo pieno di insicurezze, ostile e violento, che “spazza via” piuttosto che progredire. Lo scetticismo si è fatto carico di eliminare punti fermi: la desacralizzazione della religione, lo smantellamento delle istituzioni come la scuola, la famiglia, l’autorità ha creato degli orfani. Possiamo rassegnarci come i fratelli della Casa Tomada e abbandonare il nostro secolo a tale ineluttabile realtà? Possiamo cinicamente abbandonare il sogno del futuro fuori da tale distruzione?

“Por tanto, hay que asumir una posición ante la verdad: ¿existe o no existe la verdad?, ¿los seres humanos somos capaces de entenderla o sólo captamos atisbos de ella?, ¿tiene finalmente, la historia un sentido o, por el contrario carece de finalidad?”

Non è una domanda retorica e Gomez conclude il suo intervento soffermandosi su dieci punti che ritiene troppo trascurati ma decisivi a riguardo della ricostruzione di un’etica per il vivere comune. Il riscaldamento globale che impatta pesantemente soprattutto sulla vita dei poveri per le conseguenze sulle produzioni alimentari. Il progressivo scarseggiare delle fonti energetiche che fa aumentare i prezzi a discapito di chi non può più accedervi. La scarsità di alimenti: solo in Messico 4 persone ogni 10 non ha di che nutrirsi. La mercantilizzazione di tutti i rapporti che ha tolto ogni spazio alla gratuità. La concentrazione della ricchezza: il 90% nelle mani dell’1%. Il togliere credito alla democrazia con la crescita della corruzione, dell’individualismo, la crisi della giustizia che portano ad accettare le dittature purchè cessino tali piaghe. La perdita dei contenuti etici che aiutavano a capire la dipendenza reciproca. I crescenti conflitti di radice etnica anche non spettacolari. Crescita del fenomeno migratorio: l’ONU ha stimato che ci siano 214 milioni di migranti. Annullamento della privacy a causa delle nuove tecnologie della comunicazione. Crescita della spesa militare. Globalizzazione dell’indifferenza. Una società che ha dimenticato l’esperienza del pianto.

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