Andare a scuola in Giappone. L’esperienza dei coreani immigrati.
Non è la prima volta che il pubblico del Tonalestate ascolta delle proposte educative nate da piccoli gruppi solidali, come esperienze molto concrete per formare uomini e donne nel mezzo di società ormai straziate dalla logica dell’individualismo.
Nel suo intervento l’avvocatessa Bae Myong Ok, giapponese di origine coreana, ci ha raccontato come i figli di quelli che sono stati immigrati coreani in Giappone continuano a non avere tutti i diritti. Ha stupito l’atteggiamento di questa giovane donna che ha preso la sua professione non come la possibilità di fare carriera ma come opportunità di aiutare e difendere i giovani dalla mentalità di odio che li circonda.
Le esperienze educative che l’hanno accompagnata hanno fornito in lei la coscienza di avere un compito con la sua comunità. Ciò ha segnato la sua formazione: invece di allestire una lotta disumana contro l’altro che può essere visto come un nemico perché vuole un posto di lavoro o perché fa parte di quel gruppo nella società che si vuole emarginare, ha dedicato la propria professionalità a difesa della sua gente dalle menzogne dette sulla loro storia e commesse contro intere generazioni. Bae ha raccontato che i coreani sono stati costretti a camuffarsi dietro a dei nomi giapponesi per non essere emarginati dalla scuola e dal lavoro. E’ stato necessario far nascere scuole coreane in Giappone dove questi bambini possano riprendere la loro dignità senza bisogno di nascondersi, dove imparano la cultura del proprio popolo così da poter avvicinarsi con la propria identità alle tradizioni culturali del Paesi che li ospita.
Difficile ma necessario il lavoro di esperienze educative come queste, tentativi che aiutino a formare uomini e donne con la voglia di dedicare la propria vita non al successo personale ma per progresso comune.