Il regno dei cieli è simile a una rete
Sua Eccellenza Claudio Maria Celli presiede il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. E’ intervenuto nella mattinata inaugurale del Tonalestate sulla comunicazione con una riflessione sui linguaggi digitali e le reti sociali.
Ha esordito dicendo che la novità più rilevante che ci si offre non riguarda tanto la diversità e molteplicità dei mezzi per comunicare, quanto piuttosto le straordinarie possibilità e le potenziate capacità alla portata di molti. I nuovi strumenti sono “portabili” e ciò ci consente di essere ovunque in connessione. La connettività è aspetto culturale perché riguarda una dimensione esistenziale dell’umano. Sono poi mezzi “autoriali” perché ciascuno può pubblicare propri contenuti senza dover ricorrere ad alcuna mediazione. Infine c’è l’importante aspetto della contestualità in quanto diventati strumenti di vita in ogni ambiente della convivenza umana, quasi un sistema nervoso del nostro vivere che ci consente di costruire ed esprimere le proprie identità.
Il diffondersi di tali nuovi ambienti ha consentito l’unione di spazio/tempo in una relazione che non ha più senso chiedersi se sia reale o virtuale giacchè l’uso che faccio dello strumento digitale mi consente un contatto reale. Tale possibilità è una risposta ad un’esigenza fondamentale e profonda del cuore umano che è quella di poter mantenere una relazione con gli altri senza ostacoli spazio-temporali.
Dagli ambienti digitali si è progressivamente passati alle reti sociali e, oggi, facebook è un grande continente di un miliardo di persone. Uno spazio pubblico di cittadinanza digitale. Dobbiamo avvicinarci non certo con ingenuità né ottimismo incontrollato, ma certamente possiamo avere una visione positiva giacchè tali reti possono divenire spazi importanti di discussione cui affidare le proprie ragioni e in cui ricevere quelle degli altri.
Il desiderio di connessione cresce proprio perché è divenuta più profonda una solitudine esistenziale terrorizzata di perdere “il contatto” con i propri simili. Eppure, al livello più vero e radicale, non si tratta di bisogno di connessione quanto piuttosto di comunione.
Tale unità profonda è radice dell’essere degli uomini e richiede il recupero del “non-tempo”. Un tempo nel quale il mio spirito si rilassa e assume una dimensione profondamente umana. Quel tempo che non è occupato da tutte le nostre incombenze e che andrebbe speso anche per il silenzio che affina il pensiero, che richiede pazienza, che rafforza le capacità metodiche della logica, che spiega e dà significato alle mie parole, divenendo perciò parte della mia comunicazione.
I linguaggi toccano la modalità di essere uomini oggi. Noi, esseri creati a immagine di un Dio che è relazione d’amore, siamo chiamati a essere soggetti d’amore. Il nostro compito è perciò quello di sviluppare forme dialogiche che richiedono certamente una conoscenza approfondita di ogni nuovo linguaggio. Non dobbiamo disertare questo nuovo forum di idee e tradizioni nel quale portare anche la nostra voce. Una voce che non è fatta solo di tecnologie ma anche, ancora, di arte, di canto, di musica, anche di certi documenti tradizionali. La Chiesa sa usare anche questo nuovo linguaggio, che non sostituisce quello della teologia, ma che è utile a creare un punto di contatto con chi vive in ambienti culturali diversi. Persistere nel concentrare la nostra attenzione soltanto verso chi condivide la nostra visione del mondo ci impedisce il dialogo, l’incontro, l’aggancio con il diverso da noi. E’ una sfida, ma deve essere accolta. La presenza dei cristiani in questo ambiente digitale non può mancare perché possiamo essere portatori di valori profondamente umani in quanto veniamo a dire il messaggio di Cristo. Il nostro scopo è un dialogo rispettoso con la verità degli altri seppur nella fedeltà a ciò che portiamo nel cuore.