Homo insipiens: una resistibile ascesa
Marcello Buiatti ogni anno ritorna al Tonalestate per continuare il suo discorso sull’uomo come lo osserva da scienziato genetista. Quest’anno ha iniziato sottolineando la nostra evoluzione culturale e di pensiero data dalla forte funzionalità dell’encefalo, che ha costantemente aumentato non solo il proprio volume, ma anche la capacità di cooperare con le altre parti del cervello umano. Tale sviluppo non ha nulla di deterministico, ma è una continua apertura e interazione con la realtà. Tale capacità porta a uno scambio di informazioni tra le cellule sempre più rapido a cui si aggiunge un particolare cambiamento, rispetto ad altre specie, di alcuni geni. Tra questi, quelli del linguaggio. Nell’uomo si sono sviluppate le sinapsi, i collegamenti tra i neuroni, e solo nella nostra specie, grazie a esse, è possibile l’immaginazione (come testimoniano le pitture rupestri di millenni orsono). Tale capacità immaginativa ha reso possibile non solo il tentativo di cambiare la realtà attraverso l’uso di strumenti e utensili, ma anche di avere il senso della morte, come documentato dalla pratica della sepoltura. L’uomo, dunque, ha avuto la capacità, con i propri comportamenti, di adattarsi all’ambiente e non semplicemente di subirlo. Ma tale potenzialità ha anche comportato, per venire ai giorni nostri, due livelli di alienazione: il primo consiste nell’avere costruito un mondo fatto di esigenze artificiali (è l’immagine della torre di Babele), pensando la realtà come progettabile e modificabile a nostro piacimento. Una pretesa abbondantemente contraddetta da quanto sta accadendo a livello climatico, sempre più compromesso dall’avere creduto nel dogma della crescita infinita. Il secondo livello di alienazione è determinato dal denaro e dal mercato virtuale che ci obbligano a consumi imposti tralasciando ciò di cui abbiamo veramente bisogno (esempio statisticamente rilevante è l’aumento dei casi di obesità, o il proliferare del mercato dei telefonini, causa, questi ultimi, della crisi della comunicazione non verbale). L’immagine di questa seconda alienazione è quella del vitello d’oro.
Entrambi i livelli portano all’ incapacità di relazione e alla sua degenerazione: in astio e odio per il diverso, il primo, all’idolatria il secondo, alla ricerca di risposte in dogmi che non le possono soddisfare (come l’oro, incapace di soddisfare la fame).
In tema di linguaggio, occorre recuperare lo spirito stesso del comunicare, che è capace, nella sua totalità, di cambiare la carne della realtà. Nella comunicazione non c’è solo lo strumento – la parola – ma, insieme ad essa, una modalità che si realizza appieno solo nella relazione personale, relazione capace di conoscere e rispettare la realtà.