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Bellezza di una comunità di origine e destino

6 Agosto 2012 Un Commento

Il “mare di nebbia” nel celebre quadro di Fredrick ricorda quel primo inizio del Tonalestate nel 2001. E’ uno dei manifesti che sono in esposizione nella Sala Consigliare di Ponte di Legno dove si svolge parte dell’edizione 2012. Si iniziò all’alba di un nuovo secolo carico di sfide improrogabili e di presagi inquietanti. Le nubi si sono fatte, in questo decennio, più fosche e lo sguardo sulla realtà meno limpido, ma l’intento di percorrere quasi un’odissea nell’umano è diventata, proprio per questo, più necessaria.

Molti temi cruciali del nostro tempo sono stati affrontati negli anni. Temi che sono diventati, in seguito, le pietre sulle strade della comune e problematica convivenza: la pace, la tecnica, il denaro, la politica, la rivolta, il male, le identità negate, l’evoluzione umana dall’eterno selvaggio alla sua “eternizzazione”, la fraternità, il ripetersi dei genocidi fino a questa edizione che si occupa della dedicazione della vita.

La bella mostra dei manifesti delle varie edizioni propone immagini e frasi che ripercorrono le riflessioni, i dialoghi, gli incontri avvenuti entro il Tonalestate.

Una grandissima riproduzione di un piccolissimo disegno di Honoré Daumier raffigurante Don Chisciotte e Sancho Panza, incamminati, soli e insieme, su di una strada aperta è l’ immagine dell’edizione in corso.

Nel mare della nostra inquietudine attuale si prefigura l’imprevisto di una via ancora da percorrere. Già entrando in sala se ne coglie qualche sicuro segno che immediatamente affascina. Avviene l’incontro umano fra studenti, universitari, giovani professionisti, famiglie, volontari, responsabili di associazioni, popolazione locale, ospiti in vacanza con personalità di ogni ambito culturale e provenienti da ogni regione del mondo. Si tratta di incontri, oltre che di ascolti, per quel fermarsi dei Relatori oltre il tempo loro dedicato, per quell’interesse, che cresce nella frequentazione seppur soltanto di qualche giorno, al dramma e alle gioie dell’altro che si riconosce come prossimo oltre ogni lontananza geografica, sociale e religiosa. Si entra in contatto con le esperienze e i tentativi, numerosi e spesso sconosciuti, di intervenire attivamente a impedire la disumanizzazione, lo spaesamento e la barbarie.

Una imprevista bellezza si riconosce nel seguire i lavori: quella di poter vedere con occhi liberi la realtà del nostro tempo senza essere sopraffatti dalla paura o dal cinismo, per quell’eterno lavorìo in corso tra i popoli ad opera di molti, lavoro che documenta i presupposti per una civiltà dell’integrazione e non di sfruttamento, per una storia nella quale possano fare ingresso la giustizia e la pace.

 La bellezza incita al lavoro e il lavoro farà risorgere.

Un Commento »

  • Elisabetta said:

    “La bellezza incita al lavoro e il lavoro farà risorgere”…seppur da “lontano”, GRAZIE di questa bellezza!