Saturno divora uno dei suoi figli
Crono (per i latini Saturno), “ dai pensieri tortuosi”, il piú giovane fra i suoi fratelli, ebbe la meglio su Urano, suo padre, che impediva ai figli concepiti di uscire dal grembo materno. Peró Crono fu un figlio non molto diverso da suo padre: quella strana contraddizione per cui si desidera generare ma si teme di essere poi annichiliti proprio da chi si é generato, spinge Crono a mangiarseli i suoi figli, per tenerseli vivi solo dentro di sé, finché Zeus – il giovane eroe – non otterrá di farglieli vomitare uno a uno. Come dice Omero, Crono che divorava i figli fu il padre dei tre re del mondo: Zeus, Poseidone e Ade. E Crono fu anche “la divinitá da cui deriva ricchezza alla terra”, festeggiato dai romani, ogni dicembre, nei saturnalia, quando persino gli schiavi venivano lasciati liberi, per una settimana di carnevalesca festa attorno al saturnalicius princeps. Goya – conosciuto a Madrid come don Paco – dipinge ad olio su intonaco, nella sala da pranzo della sua casa in riva al Manzanarre, l’ orrenda azione di Crono e lo fa, tra il 1820 e 1823, con quell’animo tutto suo, abitato dal sarcasmo e dall’autenticitá, antecedendo di quasi cent’anni l’arte moderna. E’ questa una delle sue “pinturas negras” che segnano il periodo forse piú scoraggiato e debilitato della sua vita. Goya ritrae se stesso in questo Saturno che sta divorando uno dei suoi figli? E questo figlio é una donna o un uomo? E´un fantoccio, una statua o un essere umano? Non lo sappiamo. Restiamo solo avviliti, affranti, turbati dalla macabra azione di stampo dantesco, azione senza tempo, che trasforma in macchia rossa una testa e una mano che giá non esistono. Restiamo inorriditi dalla follia di quello sguardo di vecchio, perduto nel vuoto a contemplare fantasmi mostruosi che si avvicinano anche a noi, non visti.
E’ questo un quadro che non vorremmo fosse mai stato dipinto ma che esiste, come esistono tutte le realtá che ci fanno inorridire e che non vorremmo che fossero mai esistite e che mai tornassero a noi. La deformitá di questo gigante, privato dell’usuale falce con cui annientó Urano, e che mangia senza saziarsi, resterá per sempre scolpita nella storia dell’umanitá: é una memoria indelebile che dovrebbe almeno far nascere il desiderio di mettere fine a una falsa etá dell’oro (che appunto fu l’etá di Crono) e di chiudere per sempre quei capitoli terribili di storia di cui portiamo i segni e le conseguenze nei nostri corpi spesso giá senza testa e senza mano, inermi perció all’indignazione e all’atto.
Non é il tempo quello che corrode. E´l’incoscienza. Per questo, bisogna tornare a scuola, senza voti e senza crediti, tornare a una scuola che sappia trasformare ció che é stato deformato e che sappia ricostruire una testa e una mano che si sono persi nello stomaco di un mostro.
E inoltre ricordiamoci che Crono non é il padre nostro che sta nei cieli. E ricordiamoci che é esistito ed esiste il pio pellicano che si toglie la sua stessa carne per nutrirli i suoi pargoli, fratelli capaci ancora di gioia, di vita, di lotta e di speranza.