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Philippe Haddad, rabbino di Nîmes, 2 agosto 2005 per Ansa

2 Luglio 2010 Nessun Commento

Quali sono le differenze fra l'etica contemporanea e quella ebraica?
Non vi sono differenze. L'etica è un valore in sé, che possiamo definire come un principio di responsabilità di fronte all'altro, di fronte alla Natura. Quando parliamo di etica ebraica significa che l'ebraismo a molto riflettuto su questo concetto.

Quali problemi ci sono ad essere religiosi in uno stato laico?
In Francia, la separazione della chiesa dallo stato (datata 1905) permette a ciascun cittadino di vivere la sua religione liberamente. Tale principio di “laicità” permette, fra le altre cose, il dialogo interreligioso. Per queste due ragioni, credo che tale sistema sia positivo per tutti i cittadini.

Che rapporti avete in Francia con la comunità mussulmana?
E' difficile poter dire che esistono incontri tra la comunità ebrea di qualità e quella mussulmana di pari grado. Al contempo, ci sono iniziative positive che esprimono buona volontà da entrambe le parti. A Vlis, dove io sono rabbino, ci incontriamo ogni tre mesi con il parroco, l'imam e qualche fedele. Nel mese di giugno, il rabbino Michel Serfaty ha promosso “le Tour de France della fraternità”. Una macchina di giovani ebrei e giovani mussulmani hanno attraversato la Francia, organizzando serate e dibattiti con gran coinvolgimento della gente. Certo, esistono anche persone indifferenti a questo dialogo ed anche alcuni apertamente ostili. L'importante, a mio giudizio, è porre questi gesti di incontro.

Il rapporto è cambiato in seguito agli attentati in Europa?
Da quando è iniziata l'Intifada, c'è stato un aumento di atti antisemiti (contro sinagoghe, scuole giudaiche, cimiteri e persone). Allo stesso modo, sono state violate delle moschee e dei cimiteri mussulmani. Secondo gli ultimi dati del Ministero degli Interni, si è constato un aumento di tali aggressioni e lo Stato ha intensificato la propria lotta contro ogni deriva antisemita e razzista. Diciamo che il clima generale nel mondo è molto teso, ma che i recenti attentati non hanno aumentato lo sbandamento.

Secondo lei, qual è la ragione di tali attentati?
Non posso saperlo, dal momento che né gli autori, né i mandanti hanno fatto dichiarazioni. Sono fatti collegati alla guerra irachena? C'è l'intento di destabilizzare le democrazie? C'è la volontà d'ingenerare un clima di conflitto tra i popoli dell'occidente e le comunità mussulmane? E' in atto una guerra di religione?

Lei ha scritto un libro su Israele, qual è il suo sogno per Israele?
La pace per Israele e i vicini arabi, che significa il riconoscimento reciproco di due stati sovrani e indipendenti, che significa aver capito che il mondo è stato fatto per tutti (per essere condiviso).

Il ritiro da Gaza può facilitare la pace? Quali ostacoli vi si oppongono?
Non lo so se questo ritiro aiuterà la pace; è possibile che ciò inneschi un'altra fase del conflitto? Io credo che Israele debba fare questo gesto come primo passo verso la creazione di uno Stato palestinese.

La minaccia del terrorismo internazionale accresce la paura dei diversi da sé?
Tutti i conflitti generano naturalmente un riflesso capace di aumentare l'individualismo. Questi attentati rischiano di demonizzare l'altro in modo assoluto, dicendo “gli Arabi”, come si dice “l'Ebreo” o “il Nero”. Ci vuole molto coraggio e sapienza per superare una lettura superficiale dei fatti. E' sicuro che le immagini di un attentato mostrato in televisione non aiutano questa lettura delle sfumature.

Lei, Monsieur, ha rischiato la vita in un attentato contro la sinagoga di Ulis (Essonne). Questa esperienza l'ha cambiata? Come?
Lungi dal ritirarmi nella mia comunità, ho continuato a promuovere il dialogo interreligioso. E' poco ed è tanto nello stesso tempo. Ciò permette di condividere le esperienze, cosa di cui i nostri contemporanei hanno estremamente bisogno. Esiste un proverbio che dice che “le parole hanno le ali”, io credo che le parole siano già azioni che fanno il loro cammino nella coscienza di chi le ascolta. Così dalle bocche alle orecchie, ci offrono un discorso di rispetto, di pace e di amore, contro ogni discorso di odio. Se la guerra ha un inizio, anche la pace deve averlo e noi abbiamo il diritto, e senza dubbio anche il dovere, di pensare che questa pace cominci da noi stessi.

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