Olive Japan, “Da Mamma” e The Others
Olive Japan è un’associazione, un organismo non governativo, la cui attività è di aiuto ai poveri e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui problemi delle popolazioni che soffrono maggiormente nel processo di globalizzazione.
Il punto vitale di Olive Japan è il piccolo ristorante italiano “Da mamma”, dove si svolgono le cene di beneficienza, organizzate da Yoshimi e Miyoko; il ristorante mette a disposizione gratuita di Olive Japan spazi, strumenti e personale: lì si tengono gli incontri settimanali dello staff, lì pranzi o cene di lavoro, incontri culturali, corsi di lingua, di ikebana o di cucina.
“Da mamma” è diventato il luogo di incontro di moltissima gente, che sosta anche soltanto per scambiare quattro chiacchiere: infatti, lavorando alle iniziative di beneficienza per realizzare qualcosa di utile in aiuto a chi soffre e utilizzando le capacità diciascuno, la gente diventa poi amica e cerca di rivedersi.
E lì nascono anche i progetti personali, come quelli, per esempio, di Shibata, di Nemoto e di Yoshimi. Takayoshi Shibata è pittore; ogni volta che c’è una mostra d’arte interessante, organizza visite guidate, raccogliendo le offerte dei partecipanti a favore delle popolazioni povere; dice che “la bellezza è l’ingresso della carità”. Kei Nemoto, anch’egli pittore, organizza in casa corsi di incisione: il ricavato delle iscrizioni va a favore delle popolazioni povere. Il professor Yoshimi, maestro di musica, direttore d’orchestra e membro della cooperativa educativa Anjo, invita ai concerti i rappresentanti di Olive Japan, perché rivolgano un appello a favore dei popoli più poveri e, alla fine del concerto, raccolgano offerte.
Il ristorante è frequentato anche dai giovani studenti universitari del gruppo The Others, i quali, durante le feste periodiche delle loro università, realizzano bazar, mostre, cineforum e concerti. Una loro iniziativa è stata anche quella di passare una giornata intera davanti a una fermata della metropolitana, raccogliendo dai passanti offerte per aiutare opere educative in America Latina; la gente si è fermata, ha chiesto, ha contribuito. E un’altra azione è stata quella di vendere alcuni tra i vestiti migliori che si avevano in casa: questa iniziativa è anche servita ai giovani per imparare la gratuità e l’agire per motivi non di profitto personale né di gruppo.
Dopo l’incontro di Tonalestate dello scorso anno e dopo i tristi eventi iniziati con l’11 settembre 2001, Olive Japan ha promosso incontri di studio e di riflessione sul tema della pace, secondo le parole del Papa (?non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono?); questi incontri sono serviti non soltanto ad avere, al di là delle notizie parziali trasmesse dai media, un’idea di ciò che sta realmente succedendo nel mondo, ma anche, e soprattutto, a fare incontrare la gente e a comunicarle una cultura di pace.
Al proposito, i The Others, che realizzano un giornale distribuito nelle università nei negozi e nei fast-food frequentati da giovani, hanno dedicato il penultimo e l’ultimo numero alla pace, esprimendo anche il loro desiderio che sia abolita la pena di morte (tuttora vigente in Giappone), i loro dubbi sulla buona fede di Bush nella lotta al terrorismo e il loro dispiacere per l’episodio dei cinque coreani respinti dall’ambasciata del Giappone (col metodo di ?occhio non vede, cuore non duole?).
Il 12 giugno, insieme a giovani di vari gruppi, idee ed estrazioni, i The Others hanno partecipato alla ?Springfestival Prayer for Peace? organizzata dal centro cristiano dell’università Nanzan di Nagoya; con questo gesto, hanno voluto dimostrare che, piuttosto che starsene con le mani in mano, è meglio anche dimostrare cantando che a loro importa ciò che succede nel mondo. E, oltre che cantare, hanno realizzato un pezzo teatrale da ?Il principe felice? di Oscar Wilde, dicendo che la pace comincia là dove c’è un impegno reale per l’altro. Addirittura, un giornalista dell’Asahi Shinbun si è interessato a loro, considerando l’evento alquanto straordinario (visto lo spaventoso disinteresse dei giovani per la situazione internazionale), e ha chiesto a uno di loro, Mitsumasa, che ha interpretato il ruolo del principe, cosa avesse voluto dire per lui testimoniare per la pace; Mitsumasa ha risposto così: ?Io ho 19 anni; non faccio grandi cose. Non sono un politico, né un economista. Ma so che lavorare per la pace vuole dire cominciare a farlo dai rapporti in cui siamo ogni giorno: la famiglia, gli amici, i compagni di università. Se si comincia da chi vediamo, potremo lavorare anche per quelli che non vediamo?