MESSAGGIO PER LA PACE del Vescovo ausiliare di OSAKA S.E. Monsignor MATSURA GORO
A 60 anni dalla fine della II guerra mondiale, si presenta il grave problema della trasmissione della memoria.
Come prova di questo pericolo vi cito un episodio successo realmente a Okinawa. Un superstite della battaglia di Okinawa aveva finito il suo racconto a una classe di studenti superiori. Un ragazzo gli ha detto, gridando: “Le sue parole non mi toccano il cuore!”. Questo dimostra che c’è un abisso tra chi racconta e chi ascolta. Un abisso generato dalla mancanza di un cuore capace di compassione e, di conseguenza, di immaginazione. Purtroppo nei Paesi cosiddetti sviluppati c’è qualcosa che paralizza i cuori. E, forse, il grido di quel ragazzo è un grido delle giovani generazioni: “Aiutateci, perché il cuore possa essere capace di ascoltare!”.
Quello che voglio dire è che, anche se avessimo un cuore ormai insensibile, si può sempre ricominciare incontrando delle persone che lavorino per la pace, scegliendo un modo di vita che possa incidere sulla direzione in cui va il mondo.
I problemi di povertà e le guerre che accadono nel mondo sono problemi che riguardano i nostri amici più cari e, allo stesso tempo, sono problemi che riguardano le scelte di ciascuno di noi. Per esempio, il Giappone ha approvato la guerra in Iraq: questo vuol dire che il Giappone si deve assumere la responsabilità della morte di migliaia di persone. In altre parole, il Giappone ha acconsentito l’uccisione degli iracheni e anche quella dei soldati che sono stati inviati. Noi lo abbiamo permesso e dunque noi siamo corresponsabili di queste morti. Ovviamente ci sono tanti modi di vedere le cose e non è facile capire quale sia quello più giusto. Ma è proprio per questo che è necessario farlo insieme. E’ importante capire quale sia la parte da cui stare.
Sessanta anni fa furono sganciate le bombe di Hiroshima e Nagasaki: la ragione fu quella di far finire al più presto la guerra. E’ rimasto un filmato dell’esplosione e molte persone lo hanno visto. Questo filmato è stato realizzato da chi ha sganciato le bombe; perciò, chi lo guarda si trova inconsapevolmente a giustificare lo sgancio, guardando i fatti dalla parte di chi li causò. Ma se noi guardiamo ai fatti con gli occhi di coloro che, disperati, correvano dentro a quell’inferno di fuoco e ci chiedessimo quindi se è stato giusto sganciare le bombe, diremmo sinceramente “no!”.
Quando scoppiò la guerra in Iraq, una ragazza americana di 13 anni, Scharlot Aldebron, fece un intervento a un meeting per la pace: “Signori, guardatemi; facendo la guerra, voi uccidete me”. Voleva dire che i ragazzi irakeni che sarebbero stati uccisi erano persone come lei e lei era triste per questo. Come Scharlot dobbiamo pensare che coloro che soffrono, anche se sono persone di altri Paesi, è come se fossero i nostri amici più cari. Dobbiamo ritrovare la capacità di compassione e cominciare ad agire dalle piccole cose, sperando che possa venire il giorno in cui tutta la gente possa sedersi alla stessa mensa, amica.