5 agosto 2009 | “terre da costruire”
Gian Guido Folloni è stato relatore, in mattinata, della attuale situazione socio politica mondiale con un intervento che ha guardato alla crisi internazionale e ai cambiamenti che si rendono inevitabili riguardo al governo mondiale. La prospettiva da cui guardare è sicuramente globale; il sistema che ha retto i rapporti internazionali dalla fine della seconda guerra mondiale basata sul concetto di un centro e di una periferia del mondo è collassato. C’è stata una rapidissima ascesa di molti di quei Paesi che sono stati definiti sottosviluppati poi emergenti e che oggi chiedono di essere autori di prima grandezza. Il vecchio centro del mondo invecchia e nelle “vecchie periferie” cresce la forza lavoro. Cresceranno le aree urbane di questi Paesi. La crisi finanziaria, portando alla luce la deflagrazione di un sistema colonialista, è stata la pietra tombale del progetto di governare il mondo da un Centro. Quale mondo verrà? Molti errori si possono ripetere se non si abbandona definitivamente la logica del governo centrale. In questo tempo, continuare a sbagliare può portare a conseguenze drammatiche. E’ indispensabile abbandonare l’idea che ci sia un popolo privilegiato che si trasporta dietro il mondo ed è indispensabile riconoscere ai popoli, tutti, la capacità di prendere in mano il loro destino. I paesi ricchi possiedono un surplus che non gli appartiene e tutti viviamo su una terra sempre più calda, piatta e affollata. Il nostro destino ci riguarda direttamente. Iniziative culturali come quella del Tonalestate sono essenziali perché la cultura anticipa sempre rispetto a una politica pigra e sorda.
Samah Jabr è un medico psichiatra palestinese; opera negli ospedali di Betlemme e Ramallah. La sua è stata una testimonianza personale ricca di episodi vissuti in prima persona nei Territori. La vita delle gente comune a contatto quotidiano con la violenza sta diventando cronica: povertà, disoccupazione, soldati ogni giorno sulla porta di casa, atrocità di ogni genere hanno ingenerato la perdita della volontà di relazione. Quali possibili fondamenti per la pace? Nessuna volontà di riparazione esiste attualmente; nessuna volontà di riconoscere uno Stato a chi su quella terra è nato e alla sua cultura. I palestinesi, per bocca di questa giovane donna, chiedono una cultura multietnica che possa spegnere l’orgoglio degli occupanti e lasciarsi alle spalle le umiliazioni subite per gli occupati.
Le sue battute finali sono state tramite di un dolore fiero della volontà di non compiacersene, piuttosto carico di volontà di resistere e realizzare il sogno della libertà e della giustizia per un popolo antichissimo che ha diritto di convivere con gli altri popoli della terra.